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Rischi degli atti di donazione e alternative

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E' vero che le donazioni sono atti rischiosi?
La donazione è un atto i cui effetti sono considerati definitivi dopo venti anni dalla sua trascrizione o dopo dieci anni dalla morte del soggetto che ha donato.
Entro tale periodo è possibile che eventuali eredi legittimari di chi ha donato (coniuge, genitori e figli anche naturali) possano impugnare la donazione in quanto lesiva dei propri diritti sul patrimonio ereditario, qualora il valore del bene donato ecceda la quota liberamente disponibile del patrimonio stesso.
Non tutte le donazioni sono pericolose dal punto di vista della sicurezza dell'acquisto, ma occorre misurarne il rischio caso per caso.
Il problema è rappresentato anche dalle banche che nelle future rivendite del bene donato siano richieste di erogare un mutuo e che, ragionando in astratto, potrebbero rifiutarsi di farlo anche nel caso di donazioni il cui donante sia celibe senza figli (potrebbe comunque in teoria e per un periodo piuttosto lungo manifestarsi l'esistenza di un figlio naturale o di un coniuge ignoto).
Questi limiti alla futura circolazione del bene donato possono essere superati (ma restando l'incognita di eventuali figli naturali e sopravvenuti), se i familiari congiunti (coniuge, genitori e figli noti) sono tutti d'accordo, facendoli partecipare all'atto di donazione;
essi allora rinunceranno contestualmente all'azione restitutoria prevista dall'art. 563 del codice civile, ossia al diritto di recuperare il bene donato presso i terzi che lo abbiano a loro volta acquistato dal donatario.
Ma la giurisprudenza e la dottrina hanno elaborato altri tipi di atti che possono contribuire alla certezza e sicurezza del traffico giuridico del bene donato, alla stabilità dei diritti dei terzi aventi causa e al legittimo affidamento di banche e potenziali acquirenti.

Quali sono i motivi per cui comunque i clienti chiedono di stipulare un atto di donazione?
Se ad esempio Tizio e Tizia sono titolari di un mezzo ciascuno della proprietà della casa in cui vivono e Tizio vuole disfarsi della propria quota di un mezzo a favore di Tizia senza che venga versato alcun corrispettivo, il motivo effettivo più ricorrente è il conseguimento di un risparmio fiscale, perché Tizio vuole ricomprare un'altra prima casa e pagare IMU, IVA ed imposta di registro con aliquote ridotte.
Va precisato a tal riguardo che la donazione, se stipulata per finalità di risparmio fiscale, non può spingersi fino a costituire un "abuso del diritto".

Vale a dire?
Per aversi abuso del diritto devono ricorrere alcuni presupposti stabiliti dal D.Lgs. 128/2015 entrato in vigore il 2 settembre 2015 (art 10 bis) e comunque l'onere di provarlo è a carico dell'Agenzia delle Entrate:
innanzitutto l'atto con cui si pone in essere l'abuso del diritto deve essere una pura architettura giuridica, come tale privo di reale sostanza economica, stipulato con l'unico e determinante motivo di conseguire un risparmio fiscale, il che rende detto
risparmio indebito.
Se invece la sostanza economica sussiste, ossia Tizio si è spogliato definitivamente della proprietà del bene che è passato nel patrimonio della moglie e quindi ha soddisfatto in via principale esigenze riorganizzative degli assetti
patrimoniali della famiglia ed in via secondaria anche l'esigenza di poter conseguire un risparmio fiscale sul nuovo acquisto, allora la ricerca di quel risparmio fiscale è considerata legittima (articolo 10-bis, comma 4).

E come si fa quindi da un lato a non correre il rischio di un atto di donazione impugnabile dai parenti del donante dall'altro a non correre il rischio di un indebito vantaggio fiscale ?
Occorre pensare a schemi contrattuali alternativi alla donazione, se applicabili al caso di specie, facendo emergere che Tizio è intestatario solo fiduciario della quota di un mezzo e intende ritrasferirla a Tizia in adempimento di un pactum fiduciae ossia per un pregresso accordo fra gli stessi;
oppure in adempimento dell'obbligazione di restituzione di una somma di denaro prestata a suo tempo da Tizia (cosiddetta datio in solutum);
altri schemi contrattuali proposti in assenza di passaggio di denaro sono il mandato senza rappresentanza ad alienare, il contratto di mantenimento, la rinunzia abdicativa alla quota di comproprietà.
Vediamoli nel dettaglio.

Quando si può suggerire il trasferimento in adempimento di un pactum fiduciae ?
E' il caso del ritrasferimento dal fiduciario al fiduciante, ossia:
Tizio convivente con Tizia è intestatario della casa e intende ritrasferirla a Tizia, dalla quale si sta separando, in adempimento di un precedente patto (pactum fiduciae) fra gli stessi intercorso all'epoca dell'acquisto sotto forma di mandato ad acquistare senza rappresentanza.
La Corte di Cassazione con sentenza n. 20051 del 2 settembre 2013 ha stabilito che tale mandato ad acquistare senza rappresentanza può essere stato conferito anche oralmente, senza forma scritta ad substantiam, in quanto non è esso stesso fonte di trasferimento di un diritto reale su un immobile, bensì solo fonte di un obbligo ad acquistare che, se violato, comporta il risarcimento del danno;
solo la fase della spontanea esecuzione dell'obbligo richiede la forma scritta in quanto negozio traslativo di diritti reali in adempimento di un'obbligazione a causa esterna (appunto il mandato orale).
Quindi Tizio dichiarerà che l'immobile era stato da lui acquistato fiduciariamente, in nome proprio, ma per conto e nell'interesse di Tizia, che ne aveva interamente pagato il prezzo di acquisto, sulla base di un accordo solo verbale;
Tizia gli ha chiesto il ritrasferimento dell'immobile in adempimento del suddetto accordo fiduciario (pactum fiduciae) e Tizio, nonostante la mancanza di un atto scritto dal quale risulti il suddetto accordo, è consapevole di esservi tenuto in base ad un obbligo di carattere civile (art. 1706 2° comma c.c.) e pertanto intende adempiervi anche allo scopo di far definitivamente risultare dai pubblici registri immobiliari la reale situazione della proprietà;
si dichiarerà inoltre che il trasferimento di proprietà avviene senza alcun corrispettivo, trovando la propria causa nell'adempimento del mandato sopra citato.

Quando si può suggerire il trasferimento in adempimento di un riconoscimento di debito?
E' il caso di Tizio convivente con Tizia e intestatario della casa, che intende ritrasferire a Tizia, dalla quale si sta separando, in adempimento di una obbligazione civile di restituzione di una somma di denaro prestata a suo tempo da Tizia in virtù di un prestito fatto con accordi verbali o tramite scambio di mail, riconoscendo di essere debitore nei confronti della stessa ai sensi dell'art. 1197 c.c. (cosiddetta datio in solutum).
Va osservato preliminarmente che non è un problema che l'originario prestito sia stato concluso verbalmente e quindi senza essere tassato, in quanto l'enunciazione di un contratto verbale non soggetto a registrazione in termine fisso, ai sensi dell'art. 22 secondo comma del Testo Unico dell'imposta di registro D.P.R. 131/1986, non dà luogo all'applicazione di un'imposta ulteriore quando sia intercorso tra le medesime parti (nel nostro esempio le parti dell'atto di trasferimento - Tizio e Tizia) e gli effetti delle disposizioni enunciate siano già cessati o cessino in virtù dell'atto di enunciazione (cioè l'atto di trasferimento fra Tizio e Tizia).
Nel nostro caso trattandosi di datio in solutum, essa è per definizione estintiva dell'obbligazione scaturente dal finanziamento enunciato, quindi rientra nell'ipotesi di esenzione dalla registrazione di cui al 22 secondo comma del T.U.R. (in tal senso Cassazione 24102 del 12/11/2014).
Quanto al riconoscimento del debito da parte di Tizio, in quanto dichiarazione avente natura confessoria stragiudiziale, dovrebbe astrattamente scontare l'imposta dell'1%, ma in quanto disposizione strettamente connessa e strumentale al trasferimento fra Tizio e Tizia, resta assorbita dalla tassazione generata da quest’ultimo.
In sostanza il trasferimento in adempimento di un riconoscimento di debito, pur essendo un atto contenente più disposizioni aventi contenuto patrimoniale, è soggetto ad un'unica tassazione.  

Quando si può suggerire il mandato ad alienare senza rappresentanza?
E' il caso di Tizio che conferisce mandato senza rappresentanza a Tizia con l'incarico di vendere il bene X entro un determinato termine, ad un prezzo non inferiore ad Euro ..................... e con obbligo di rendiconto.
Il mandato è un contratto ad effetti obbligatori in virtù del quale scaturisce a carico del mandante l’obbligo di cui al 1719 c.c. di mettere a disposizione del mandatario i mezzi indispensabili (provvista) per l’esecuzione del mandato.
Se Tizio trasferisce l'immobile a Tizia contestualmente al mandato alla medesima di vendere l'immobile stesso, tale trasferimento costituirà adempimento dell'obbligazione scaturente dal mandato, ossia sarà strumentale alla sua esatta esecuzione.
A questo punto la proprietà passa a Tizia, la quale però ne è titolare ai soli fini dell'adempimento del mandato di mettere in vendita la casa.
Scatta allora l'esigenza della segregazione del bene nel patrimonio del mandatario (Tizia), sotto il profilo del conflitto fra creditori del mandatario e creditori del mandante, sotto il profilo della successione del mandatario e sotto il profilo della caduta nell'eventuale comunione legale dei beni del mandatario (se sposato con una terza persona).
Un mezzo di segregazione potrebbe essere sottoporre il trasferimento alla condizione risolutiva del mancato ritrasferimento dell'immobile a un terzo acquirente entro il termine convenuto.